World Radio Day, l'invenzione di Marconi è più viva che mai



13/02/2020 |

Correva l’anno 1897, era il 2 luglio e Guglielmo Marconi brevettava a Londra la sua “trasmissione telegrafica senza fili”. Era nata la radio, il primo mezzo di comunicazione di massa, destinato a rivoluzionare il concetto stesso di “comunicazione” e a dare nuovo significato alla parola “notizia”.

È passato più di un secolo e la radio, data se non per morta almeno per sorpassata dall’avvento prima della televisione e di internet qualche decennio dopo, gode di una straordinaria salute, dimostrando un eccezionale spirito di adattamento ai tempi e alle mode.

Soprattutto, rappresenta nel mondo lo strumento di comunicazione più usato ed è a tutti gli effetti veicolo di libertà di espressione e uguaglianza, perché garantisce accesso all’informazione e opportunità di dibattito e confronto.

Per questo motivo l’UNESCO ha istituito nel 2011 il World Radio Day, la Giornata Mondiale della Radio che dal 2012 si celebra ogni anno il 13 febbraio.

Una data scelta non a caso, perché proprio il 13 febbraio del 1946 iniziava a trasmettere la Radio delle Nazioni Unite. Dal secondo Dopoguerra fino a metà Anni ‘90 garantì bollettini informativi, programmi di attualità e approfondimenti per dodici ore al giorno in 33 lingue.

Oggi viviamo in un’epoca di comunicazione permanete eppure il “vecchio” concetto della radio è più attuale che mai. E gli utenti, nel mondo, sono in crescita, giovani compresi.

Dati alla mano, il 58% dei ragazzi ascolta tutti i giorni programmi radiofonici.

A dirlo è una ricerca di Wiko, azienda franco-cinese produttrice di smartphone. Da un sondaggio su Instagram è emerso che i Millennians apprezzano, come prima di loro genitori e nonni, la radio. A cambiare è però il mezzo: il 52% degli under 20 ascolta la radio in streaming, via app da cellulare. A fare la parte del leone, la musica e l’intrattenimento. Un ragazzo su tre, poi, considera la radio anche un mezzo di informazione oltre che di svago.

Ma non solo di web vive oggi la radio. Mandate in pensione -almeno in Italia- le care onde medie, si sta aprendo l’epoca (e il mercato) del digitale. Il Dab+ è una realtà, soprattutto in nell’Europa del nord, con la Norvegia che ha addirittura abbandonato la modalità di trasmissione in FM.

In Italia la radio digitale fatica ad imporsi. Diffusissima da almeno un paio d’anni sulle auto di nuova produzione, lo è decisamente meno nelle case e negli uffici. Al punto che da noi le frequenze FM sono sovraffollate, con conseguenti problemi di trasmissione e ricezione.

In altre aree del mondo la radio è l’unico mezzo per rimanere in contatto ed essere informati. Succede soprattutto nelle aree rurali di Africa ed Asia, dove manca la copertura degli operatori di telefonia mobile e la televisione non ha alcuna penetrazione. In Burkina Faso, ad esempio, esistono 154 emittenti che per la popolazione rappresentano il principale e in alcuni casi unico mezzo di comunicazione e collegamento.

Ecco perché, come ha detto l’ONU istituendo la Giornata Mondiale, «la radio è un potente mezzo per celebrare l’umanità in tutta la sua diversità e costituisce una piattaforma per il discorso democratico».

 




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